Fiume 1921 – Lecco 1990
Alceo Lipizer nasce a Fiume (attuale Rijeka-Croazia) l’8 aprile del 1921. Figlio di Otello commerciante di olio e pasta e di Giuseppina Vassilich, abita in una bella casa in via Nazario Sauro a Fiume, allora ancora italiana. A sedici anni entra a far parte della squadra di calcio della sua città debuttando il 26 settembre del 1937. I suoi compagni hanno maggior esperienza di lui perché qualcuno ha giocato in serie A, Alceo è il più piccolo della squadra, ma non si fa intimorire. Gioca nella Fiumana per cinque stagioni. Nel dicembre del 1941, dopo le prime otto giornate di campionato, parte per la base navale di Taranto e firma per la squadra pugliese giocando in serie C. Dopo l’8 settembre, quando il re fugge per imbarcarsi a Bari, Alceo percorre la strada inversa. Nel 1944 è nuovamente a Fiume, la guerra non frena la sua passione per il calcio: fa parte di una rappresentativa dell’organizzazione Todt (l’organizzazione Todt, creata da Fritz Todt, era una grossa impresa di costruzioni che operava prima nella Germania nazista e poi in tutti i paesi occupati dalla Wermacht, impiegando lavoratori coatti e prigionieri di guerra) nella Coppa Deutscher Bereter. In autunno partecipa ad una partita amichevole: giocatori fiumani contro una squadra di nazisti, ma i festeggiamenti per la vittoria conseguita, indispettiscono i tedeschi che per rappresaglia arrestano tutti. La sera dell’8 novembre del 1944, insieme ad altri italiani catturati davanti agli uffici della O.T. di Susak, viene caricato su carri bestiame e sotto scorta armata avviato in Germania a Mühldorf am Inn (Baviera), dove arriverà quattro giorni dopo. In questo campo insieme ad alcuni suoi compagni di squadra ci sono molti prigionieri giuliani, russi, cechi e francesi. Il lavoro dei deportati consisteva nel trasportare sassi e traversine per il potenziamento della linea ferroviaria Salisburgo-Monaco, le condizioni di vita erano disastrose e l’alimentazione scarsa. C’è un giorno che rimarrà impresso per tutta la vita nella mente di Alceo quando: “… lo avvertono di recarsi al punto d’arrivo dei treni per ritirare un grande pacco. Mamma e papà dovevano avergli spedito qualche leccornia da mettere sotto i denti. Dopo il lavoro si diresse a passo spedito al punto di sosta dei treni, attraversò il vasto campo innevato che ripercorrerà la sera al buio per rientrare nella baracca con il suo prezioso dono fra le mani. Al chiaro del lume della baracca s’accorse che dentro c’era solamente una mela. Qualcuno aveva rubato tutto. Deriso e umiliato dai compagni, quasi si accapigliò con più d’uno di loro. Ricorderà a lungo la grande amarezza di quella notte”. La mattina del 2 maggio del 1945 le SS non si presentano al campo, così come i Meister della Todt che avevano in gestione i lavori degli “schiavi di Hitler”, i prigionieri capiscono allora di essere tutti liberi. Alceo, con mezzi di fortuna, dopo un’odissea di quindici giorni, ritorna finalmente a casa. Riprende gradualmente l’attività di calciatore e raggiunge l’apice della sua carriera quando, il suo concittadino Nini Varglien, nel gennaio del 1946 lo chiama alla Juventus, con la quale rimane per due stagioni. Passerà poi al Como e con tale squadra giocherà sia in serie A che in serie B. Il finale di carriera lo vedrà, come tanti calciatori, in discesa dalla serie C fino alla Quarta serie. Si ritira dall’ambiente calcistico che non sente più suo, ritorna ad abitare con la moglie a Trieste, dove apre una panetteria. Si trasferisce poi definitivamente a Brunate, vicino a Como dov’era amato e ricordato. Minato dal morbo di Alzheimer, il 4 settembre del 1990 si spegne a Lecco all’età di 69 anni.