Fiume 1924 – Narni 1998
Edoardo Mandich nasce a Fiume, allora italiana, il 28 febbraio 1924. A sedici anni era già una promessa del calcio; giocatore ambidestro dotato di un tiro potente, la Pro Patria (allora in serie B) lo tessera per la squadra giovanile. Dopo un avvio incerto, si fa notare per il suo dinamismo e per una buona visione di gioco che gli permettono di progredire e di chiudere in modo soddisfacente l’annata sportiva. Nell’estate del 1943 riceve la cartolina per la chiamata alle armi: deve presentarsi a Venezia per arruolarsi nella Regia Marina, ma l’8 settembre, mentre cammina per le calli, viene preso dalla Gestapo e dopo alcune settimane di carcere deportato nel lager di Hildesheim nella bassa Sassonia. Edi, come viene chiamato, è impiegato come lavoratore coatto alla “Zuckerraffinerie”, fabbrica nella quale viene estratta dallo zucchero la glicerina che servirà per la fabbricazione di materiale esplosivo. Il lavoro è pesante e conta 70 ore settimanali, solo la domenica si riposa; in quella fabbrica vengono impiegati prigionieri di varie nazionalità, tra questi Edi incrocia gli occhi di Marianna Walkowska, una ragazza polacca di diciotto anni, non parlano la stessa lingua ma l’amore non conosce confini. Ogni attimo è buono per incontrarla, ma devono stare attenti perché le guardie vigilano e sorvegliano attentamente i prigionieri. Il 22 marzo del 1945 un attacco aereo degli alleati distrugge quasi completamente la fabbrica, le SS ordinano di sgomberare quel che resta del deposito di zucchero. Allora Edi, preso dalla fame, decide di prenderne un po’, ma viene visto e picchiato. Tale ripercussione può considerarsi poca cosa in confronto a quello che accade solo quattro giorni dopo ad altri italiani che, sorpresi con la bocca piena, vengono impiccati sulla pubblica piazza sotto gli occhi dei compagni. Quindici giorni dopo il campo viene liberato dagli americani con i quali Edi collaborerà per la realizzazione dell’ospedale da campo, mentre Marianna troverà un impiego presso un albergo. I due innamorati si sposano in una chiesa della città e con una tradotta, senza una lira in tasca, arrivano in Italia a Campello sul Clitunno, vicino a Spoleto, dove vive una sorella di lui. Edi ricomincia a giocare a calcio nel Pontefelcino, ma i giorni duri del lavoro coatto lo condizionano pesantemente, tanto che solo un paio d’anni dopo potrà esprimere al meglio le sue capacità calcistiche, quando firmerà il contratto per l’Unione Sportiva Lavoratori di Narni. Chiamato “il principe” Edi diventa uno dei più forti centrocampisti della serie C umbra, gioca nella Ternana e nella Narnese che gli offre anche un lavoro presso l’Elettrocarbonium. Della squadra narnese diventa il capitano e dopo la conclusione della carriera come centrocampista (con la patente del goleador) nel 1953 gli viene affidata la gestione della squadra. Edi si spegne, dopo tre infarti ed un ictus, alla fine d’agosto del 1998. Morirà senza rimpianti per non aver potuto vivere una grande carriera calcistica, perché si considerava comunque fortunato per essere sopravvissutoalla furia nazista.