Roma 1915 – Mauthausen 1945
Leone Efrati (detto Lelletto) nasce da una famiglia ebrea a Roma il 16 maggio 1916. Inizia la carriera di pugile nelle palestre popolari dell’Urbe. Prima di partire dall’Italia per intraprendere una brillante carriera internazionale, combatte contro i migliori pugili nazionali come i futuri campioni europei Gino Bondavalli (detto “il Girandola” di Reggio Emilia) e Gino Cattaneo, perdendo due volte dal primo e ottenendo una vittoria e una sconfitta dal secondo. Il 28 dicembre del 1938 sfida negli Usa per il titolo mondiale di categoria Leo Rodak perdendo ai punti. Nel 1939 tocca l’apice della carriera, quando viene classificato come uno dei migliori pesi piuma del mondo. Sottovalutando la campagna razziale del regime di Benito Mussolini che, riprendendo le Leggi di Norimberga, aveva fatto varare anche in Italia nel 1938 le leggi contro gli ebrei, rientra a Roma nel 1939 rifiutando l’ospitalità offerta dagli Usa. Viene riaffiliato alla Federazione Pugilistica Italiana, ma non riesce ad evitare il rastrellamento nel ghetto di Roma e la deportazione insieme al fratello nel campo di Fossoli e successivamente ad Auschwitz-Birkenau. Come tanti altri boxeur anche Lelletto nel lager era costretto a battersi contro pugili più pesanti di lui per soddisfare la sete di scommesse o di divertimento dei suoi aguzzini. Così lo ricorda Alberto Sed, suo amico e compagno di deportazione, in un’intervista rilasciata a Valerio Piccioni: “I tedeschi lo conoscevano, hai voglia se lo conoscevano. Era il pugile ideale per le scommesse. Un grande peso piuma contro un bel peso medio, e giù soldi, tanti soldi. Non c’era il ring, solo il piazzale e loro che urlavano, si divertivano, giocavano. Sempre di domenica, quando non si lavorava. Noi assistevamo agli incontri, ma con che spirito. I tedeschi davano a chi combatteva un premio, spesso un pezzo di pane. Efrati si faceva onore, ma poi un giorno tutto finì. C’era anche suo fratello al campo. E lui tornando un giorno nel block seppe che era stato picchiato a sangue da uno dei kapò “Chi è stato, chi te l’ha date?”. Si rifece e loro, dopo aver preso tutte ‘ste botte avvertirono un soldato tedesco. Qualche ora dopo, lo tramortirono, lo ridussero a un moribondo. Ogni sera le SS, davanti ai block, ti strattonavano per vedere se stavi in piedi: chi cadeva non aveva scampo e lui non riusciva neanche ad alzarsi. Fu così che Lelletto finì nei forni crematori”. In “Il libro della memoria – Gli ebrei deportati in Italia (1943-45)” di Liliana Picciotto Fargion, edizioni Mursia, Leone Efrati risulta invece decenuto a Mauthausen (come il fratello) il 14 aprile 1945.